Resoconto della gara: Repubblica di Barcellona
Dieci giorni fa l'edizione di Barcellona della Respublica, la nostra gara a scatto fisso senza supporto preferita in Europa, si è svolta in una soleggiata mattina spagnola, da Cunit alla cima del Montjuic, nel centro di Barcellona.
L'amico Cinelli e stella dei Quaderni Dany Pizzorno era lì in sella al suo Vigorelli e, dopo essersi assicurato un secondo posto, è riuscito a pubblicare uno splendido report di gara sul suo profilo Strava.
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A Barcellona, quando il semaforo lampeggia in arancione, le biciclette possono passare, le auto non necessariamente si fermano. Il fatto che la luce sia arancione e non verde è indice di una situazione potenzialmente pericolosa.
Alcuni dicono che lo sport è un modo per evadere, altri dicono che è un modo per tornare a casa stanchi morti e felici. Ma – e non so esattamente come definirlo – forse il semaforo arancione lampeggiante è proprio il tipo di emozione che ognuno di noi, non soddisfatto della propria vita quotidiana, cerca in quelle poche ore di sport settimanale che pratica... In ogni caso, in alcuni sport il confine tra divertimento e difficoltà è labile e bisogna saper mantenere una sorta di equilibrio. Cavalcare un alleycat a Barcellona non fa eccezione.
Penso che una gara come questa [Respublica Barcelona] sia composta per il 30% da preparazione fisica, per il 40% da preparazione mentale e per il 30% da assetto e strategia della bici.
In termini di preparazione fisica questa volta posso contare su ben poco, i vari strumenti di Garmin e Strava oscillano, fornendomi o uno stato di allenamento "sonno" (Connect) o un bel -48% rispetto allo scorso anno (Strava).
A livello di preparazione mentale ho cercato di dare il massimo, cercando di costruire quella routine pre-gara che mi faccia sentire più sereno ma questa volta c'è un fattore in più che non avevo mai sperimentato prima: sotto la pressione della mia squadra ho' Sono stato promosso come uno dei favoriti per la gara e mi è stato persino chiesto di indossare un body. Questo va contro tutto il mio stile di vita, in cui cerco sempre di mantenere un basso profilo e di creare basse aspettative perché quello che amo è arrivare ad una gara quasi inosservato, senza pretese, per poi sorprendere tutti, in primis me stesso…
In termini di setup della bici e strategia di gara invece ho imparato a diventare un maniaco totale, non sono un bike messenger che studia il percorso per capire dove tagliare e risparmiare anche qualche centinaio di metri, ma la mia bici è preparata nei minimi dettagli; il tipo di ruote, il rapporto, anche il tipo di olio per la catena non è una scelta casuale.
Dal punto di vista strategico il mio approccio è simile a quello che ho sviluppato quando regatavo con le barche a vela: mi baso innanzitutto sull'osservazione ravvicinata della gente del posto e dei migliori contendenti e dopo averli osservati nelle prime scaramucce della regata, comincio a essere in grado di capire le loro capacità di guida, le loro caratteristiche prestazionali e il loro linguaggio del corpo, un po' come Magrini [famoso commentatore ciclistico italiano] che dopo pochi chilometri si sente a suo agio nell'annunciare chi crede vincerà la gara.
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In cima alla prima salita il gruppo è già ridotto a 3-4 corridori. Sulle rampe più ripide ho perso 10-20 metri ma sono stato attento a non sforzarmi troppo cercando di colmare il divario, consapevole che sarei riuscito a ricongiungermi in piano dopo aver raggiunto la vetta.
Riesco a mantenere il senso di controllo, non sono a tutto gas e riesco a pensare con lucidità, osservando i miei rivali e come si stanno comportando.
In discesa comincio ad incontrare le prime vere difficoltà della corsa. Il team Favelaframa è davanti, attacca in prima fila e non so se preoccuparmi di più per le mie gambe da sbattiuova (cadenza max 167rpm) o per la colonna di traffico che sta per materializzarsi all'ingresso del primo area urbana che stiamo per attraversare.
Vilanova e Can Pei sono un caos totale, i ciclisti rimbalzano da un lato all'altro della strada come flipper, sterzando per evitare auto e pedoni. Li seguo, pedalando con gli occhi chiusi…
Sulla costa di Sitges le cose vanno un po’ meglio ma in un tratto in discesa avverto all’improvviso una sensazione di fitta al polpaccio destro e per un attimo penso che la mia corsa potrebbe essere finita… cerco di concentrare le energie, per non staccarmi la sella e soprattutto smettere di pensare al dolore perché mancano ancora 30 km e non posso permettermi di esitare.
In questo momento della gara quello che conta è quello che provano i miei avversari:
_David è il nostro punto di riferimento, un monolite sul suo telaio Nr.22, mai pericoloso nei movimenti ma generoso nella guida all'anteriore
_Marco è in una forma incredibile ma paga la sua esuberanza e, non avendo caricato il percorso, sbaglia una curva mentre è in testa
_Javier mi fa paura, sembra una molla pronta ad esplodere, quando apre il gas il gruppo si sgretola, ma i suoi gesti sono tanto violenti quanto brevi
_Gerard assomiglia un po' a Remco, spesso guida in una posizione bassa, aerodinamica. Quando è davanti fa male a tutti ma lui guida in difesa preparando, immagino, un attacco finale da finisseurs . Anzi ne sono talmente convinto che provo a spingerlo davanti, con vento, per fargli sprecare un po' di energie, ma i miei giochi non lo stimolano.
_Sig. Ohm sembra guadagnare 50 metri su di noi ad ogni angolo o rotonda. Gestisce la bici come nessuno che abbia mai visto prima, anche su una moto nuova il giorno prima...
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